lunedì 1 gennaio 2018

LO STERMINIO DEI PESCISPADA



di Alfio Pegaso


Quasi 15 anni fa, esattamente il 18-01-02, scrivevo su Indim.Italy questo post firmato 'Child of the Light' e dedicato alle orribili stragi dei pescipada.  Proponevo codesto scempio, attuato nei confronti di una delle piú belle e ammirevoli creature del mare, fra le conseguenze sociali ed ambientali nella Sicilia odierna.




      

     Nella prima puntata de ‘La Sicilia rivisitata’, su ‘Planete’, ho potuto apprendere cose che non avrei mai voluto sentire.  Sapevo della violenza perpetrata ai danni dei pesci ( tonni e pescispada in particolare ), tant’è che avevo dedicato all’argomento un precedente articolo di carattere più generale, purtroppo passato inosservato.
     Tuttavia non sapevo dell’ecatombe marittima incombente.  Ora tratto il tema da un punto di vista più strettamente sociale e letterario.






a)      La caccia spietata al pescespada ha conseguenze sociali disastrose

Il pescespada affiora nelle acque limpidissime dello stretto di Messina fra aprile e giugno.  Viene dai Mari del Nord per stare in acque tiepide.  Il luogo principale deputato alla pesca, o caccia che dir si voglia, di questo furioso pesce osseo è la Costa Viola; altre zone del Tirreno, però, sono adibite allo scopo.  Ad es. Palmi, o Bagnara C..  Dalla Calabria Meridionale la pesca si sposta in seguito più ad est verso le I.le Eolie ed alfine verso la Sicilia Nordorientale.  Tradizionalmente s’impiegava il luntru (ontro) e/o la fanluca.  La prima è un’imbarcazione veloce che sfrutta le segnalazioni con urla e bandiere degli avvistatori dall’albero della falluca o dalle rocce della riva.  Altrove è impiegato lo schifu, ossia uno scafo a remi con un alto albero maestro per avvistare la preda.  La fiocina un tempo era singola, o quasi.  Con la tecnologia attuale le barche sono a motore e gli alberi centrali sono sostituiti da antenne alte anche 25 metri, con una piattaforma in cima che permette 



 2

di sormontarla a tre uomini, tra i quali persino il timoniere.  Inoltre una passerella di c.30  metri, posta a prua dell’ontro o della fanluca, fa sì che il pescatore arrivi sull’oggetto della pesca con la fiocina, senza che l’animale neppure se ne accorga.  Le fiocine a disposizione sono oggidì numerose.  La conseguenza più diretta di questo tipo di attività insensata è l’enorme calo della presenza di tali pesci nel Mediterraneo.
     Per di più vi sono anche spadare illegali, osiia lunghe reti che ammassano pesci di qualsiasi tipo, delfini, balene.  Un macello insomma.  I vecchi pescatori del luogo c’informano, oltretutto, che con altri attrezzi da posta (calamitare, conzi, palangrese) si pescano persino gli spadelli e gli spadotti, i pescispada di pochi chili nati nell’anno, che non sono buoni per alcun uso.  Cose da fucilazione immediata, come dicono loro, e hanno perfettamente ragione.  Così facendo la ricca attività peschereccia dell’isola vien meno sempre di più.  Un tempo si pigliavano al massimo 1.500 capi in un anno, oggi si attua invece uno sterminio.  Dei mille avvistati allora, affermano i pescatori, allora se ne pigliavano non più di 10-20, ora con egual numero di avvistamenti non ne scappano più di uno o due.  E si devono aggiungere anche i pescispada che incappano nelle tonnare.  In questa maniera si è arrivati facilmente al disastro.  La colpa maggiore viene addebitata al fatto che con le attrezzature correnti si è eliminata la fatica fisica.  Pertanto si sono dedicati all’attività piscatoria persone che facevano altri mestieri.  La pesca però come ogni altro lavoro aveva una tradizione da rispettare, un codice non scritto ma praticato dagli antenati: adesso le regole basilari non sono più rispettate e se ne pagano le conseguenze.  Un’attività redditizia è stata lasciare andare a male dall’incuranza dello Stato, dall’ingordigia dei nuovi arrivati.  La maggior parte dei giovani è assetata di guadagni, come già vaticinava Padron ‘Ntoni nei ‘Malavoglia’ di Verga.  I risultati sono sotto gli occhi di tutti: l’intero settore sta andando alla malora, gli aviti costumi vengono tralasciati e le antiche comunità vanno alla deriva.  Malcontento e frustrazione dilagano, disoccupazione e sottoccupazione regnano sovrane.  Il pesce pescato non viene venduto, ma in gran parte consumato.  Il criterio e l’organizzazione latitano, mentre le autorità indifferenti stanno alla larga.  Nel mare non c’è più nulla da sfruttare.  Gli estranei che si sono dedicati ad esso solamente per arricchirsi non erano minimamente interessati al buon andamento delle cose, a riservare cioè risorse per il futuro.  Prendevano, senza dire grazie, come dei ladri ai quali è permesso tutto da chi di dovere dovrebbe invece mantenere l’ordine.  Riserve alimentari ed economiche preziosissime per una terra altrimenti povera, seppure la Sicilia fosse una volta il granaio d’Italia, ora mancano disperatamente.  Chi non rispetta la Natura, non rispetta sé e gli altri.  Lo sappiano quei Rossi che, quando il Comunismo passò di moda si erano rifugiati fra i Verdi; 



3

ed ora che i Verdi sono démodée pure loro, almeno in Italia ( nel resto dell’Europa è diverso), snobbano l’ambientalismo.  Come ci rivela il disinteresse generale verso gli articoli sull’argomento anche qui su questo sito.    

  


b)      Il Pescespada e il mito dell’Unicorno



     Molti scrittori nell’antichità hanno parlato della pesca del Pescespada, da Aristotele a Polibio, da Oppiano ad Eliano, da Strabone a Silvio Italico.

     La caccia al Pescespada ha pure dei risvolti sentimentali, che l’arte non ha mancato di sottolineare.  È probabile che da tale pesce sia derivata parte del mito dell’Unicorno, quella relativa alla Vergine che lo attrae magicamente e fa sì indirettamente che i cacciatori lo catturino.  Un'altra parte del mito è connessa al Narvalo, come ho osservato nel precedente intervento linkato (La Camera della Morte, una metafora del mondo contemporaneo; ...ivi aggiunto a seguire), che però è un mammifero artico.  Anch’esso purtroppo in estinzione, a causa della pesca massiccia cui è sottoposto oggigiorno coi fucili a ripetizione.  Molto tempo fa usai questo spunto per attaccare certa Monica Brown, mostrando quali fossero i malefici della Globalizzazione presso le culture tribali.  Nel caso del Pescespada abbiamo a che fare con la civiltà per antonomasia, quella mediterranea, ma il risultato è il medesimo.  La Globalizzazione è immancabilmente un male, un cancro che attanaglia ovunque.

     Dicevo dei risvolti emozionali della caccia.  Pare che la femmina, se il maschio è preso dalla fiocina, fugga furiosamente per metter in salvo sé e le uova secondo l'istinto.   Mentre il maschio, qualora la femmina venga catturata, fa di tutto per liberarla con un carattere molto focoso; nel caso non vi riesca e la scorga dinanzi a sé ormai morta, viveversa, si adagia prostrato al fianco di lei offrendosi incurante altiro della fiocina.  Non per nulla i Cavalieri medievali, nei loro tenzoni allestiti onde difendere le dame, avevano spesso effigiato sul loro scudo il Corno dell'Unicorno.  Il Corno dell'Unicorno era ritenuto un simbolo del 'Raggio Divino', che guidava coloro che erano nobili di cuore e non rinunciavano mai all'onore e all'amore per la dama.

     Altro che i militari odierni, i quali trovano tutte le scuse per andare a massacrare donne, vecchi, bambini e civili nella più squallida indifferenza umana!  Loro stessi capiscono quello che sono.  Infatti, ricordo, nella Guerra del Kosovo si vedevano paurosi aerei da guerra con i musi dipinti da squali.  Dall’Afghanistan non ci è giunta alcuna immagine, ma credo che quegli apparecchi non siano stati dimessi.   



4

Non ce ne sarebbe il motivo, vista la corrispondenza innegabile tra l’aspetto dei bombardieri e l’animus dei bombardatori.




c)      Il  Pescespada  nel folclore e nella musica

    
      Il temperamento amoroso del pescespada ha suscitato romantiche leggende e motti vari nel folclore locale.  Un nostro grandissimo cantautore ormai scomparso, D.Modugno, ispirandosi a una notizia falsa ( ma non troppo ) enunciata dall’inviato Antonino Genovese al Giornale Radio scrisse una bellissima canzone d’amore: U’ pisci spada.  Il Genovese aveva raccontato che un pesce dal lungo rostro, l’Emperator ( secondo quanto insegna la tradizione ligure, raccogliendo indirettamente un’atavica tradizione boreale relativa al Narvalo ), poiché era addolorato dalla scomparsa della sua compagna, essendo inconsolabile e trovandosi presso la costa aveva spiccato un salto tale da finire sull’arena della spiaggia e morire.  Modugno, liricamente, ne ha fatto l’emblema dell’amore perduto che non trova pace.








Testo e accordi della canzone di Modugno:

Cm Cm G Cm F#m Cm


Dsus4 G7             Cm
Ci pigghiaru 'a fimminedda,

       G7                Cm
drittu drittu 'ntra lu cori

           Fm     Cm
e chiancia di duluri

    G
aya aya aya ya!

Cm   G7           Cm
E la varca la tirava

     G7           Cm
e lu sangu nni curria

     Fm           Cm
e lu masculu chiancia

    G       Cm
aya aya aya ya!

       C7
E lu masculu

           Fm
paria 'mpazzutu

      F#dim
cci dicia:

"Amuri miu,

         F7  Fm7 G7
nun chiangiii    ri!"

G          G7        Cm
Rispunnia 'a fimminedda

      G7           Cm
cu nu filu filu 'e vuci:

         Fm
"Scappa, scappa,

          Cm
amuri miu,

          G
ca sinno' t'accideran!"

Cm      C7
No, no, no,

             Fm
no, no amuri miu,

      F#dim
si tu mori

vogghiu muriri 

          F7    Fm7 G7
'nsieme a tiiia!    

G        G7
Cu nu saltu

         Cm
si truvau

            G7
'ncucchiu, 'ncucchiu,

       Cm
cori a cori,

       Fm           Cm
e accussi' finiu l'amuri

         G         Cm
di due pisci sfurtunati.

      G7             Cm
Ci pigghiaru 'a fimminedda,

       G7              Cm
drittu drittu 'ntra lu cori

       Fm         Cm
e chiancia di duluri

    G       Cm
aya aya aya ya!

     G7           Cm
E la varca la tirava

        G7        Cm
e lu sangu nni curria

       Fm         Cm
e lu masculu chiancia

    G       Cm
aya aya aya ya!

       C7
E lu masculu

           Fm
paria 'mpazzutu

      F#dim
cci dicia:

"Amuri miu,

         F7  Fm7 G7
nun chiangiii    ri!"

G     G7             Cm
Rispunnia 'a fimminedda

        G7           Cm
cu nu filu filu 'e vuci:

         Fm
"Scappa, scappa,

      Cm
amuri miu,

      G
ca sinno' t'accideran!"

Cm      C7
No, no, no,

                 Fm
no, no amuri miu,

      F#dim
si tu mori

vogghiu muriri 

          F7    Fm7 G7
'nsieme a tiiia!    

G     G7
Cu nu saltu

      Cm
si truvau

            G7
'ncucchiu, 'ncucchiu,

       Cm
cori a cori,

       Fm           Cm
e accussi' finiu l'amuri

         G           Cm
di due pisci sfurtunati.

             Fm6
Chista e''na storia

          Fm6
d'un piscispada

   Fm9 Fm7   Fm9
Storia d'amur   i

Fm6   Cm
d'amuri   



P.S.-  La grande Terra di Sicilia ha elaborato una leggenda che tradisce questo atavico rimorso per l'uccisione di tali pesci.  Questa leggenda è naturalmente quella di Colapisci, che nella sua versione maggiormente completa rivela essere l'uomo-pesce nient'altro che il frutto magico-sacrale (nasce da una conchiglia ingoiata nel ventre della madre) della parola-seme e cioè dal Verbo del Pescesada.  L'Uomopesce riporta in mare la pesca e nelle più antiche versioni ha lui stesso un corno di pescespada in fronte, tipica immagine dell'Uomo del Paradiso Terrestre: vedi il Manu indiano.  Ma non è diverso il nostro Adamo.

Link: http://allependicidelmontemeru.blogspot.it/2017/10/colapisci-federico-ii.html