venerdì 27 gennaio 2017

L'ETIMO DI YAHWEH








          Secondo un filologo d'origine pugliese trasferitosi poi in Toscana, Giovanni Semerano (1911-2005)(1), il tetragramma ebraico YHWH (trascritto in italiano JHVH) quale compare nella Bibbia e nella Stele di Meša del IX sec. a.C. non sarebbe derivato da un imperfetto della radice verbale significante 'essere' (secondo quanto indicato anche dal Vaccari)(2) e neanche da un participio causativo-attivo nel senso di 'sostenitore' o da un semplice causativo a significare ‘Egli dà l’esistenza’ (in base a quel che pretendevano rispettivamente Oberman ed Albright)(2); ma piuttosto da uno stativo, stando all’interpretazione maggiormente diffusa, ebr.Yiyeh (‘Egli è’).  Sul piano comparativo altri, ad es. Gray (3), hanno segnalato la presenza d’un nume Yaw (varr. Yau, Yam, Yahwi) ricavato da nomi teofori vari.  Tale divinità farebbe il paio collo αβέ di Teodozione di Efeso (4) e dei Samaritani, di scuola mosaica.


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Note
(1)          G.Semerano, Le origini della cultura europea. Rivelazioni della Linguistica storica- L.S. Olschki, Firenze 1984, T.I, pp. 138-9.  I due volumi cosí sottotitolati sono la seconda parte d’una tetralogia collo stesso titolo, i primi due della quale sono sottotitolati Dizionario della lingua latina e delle voci moderne il primo e Dizionario della lingua greca il secondo.  Il Semerano sosteneva in pratica che l’indoeuropeo e la storia delle affinità fra le lingue europee ed il sanscrito, scoperta dal mercante fiorentino Filippo Sacchetti siano solamente delle favole moderne e contemporanee.  Ciò su cui possiamo in parte concordare, giacché dette lingue dovrebbero essere chiamate col loro vecchio nome di ‘jafetiche’.  Sennonché l’autore si è spinto piú in là, affermando che i vocaboli di codeste lingue siano in gran parte di derivazione semitica e camitica, particolarmente semitica.  Questo, pur non essendo per nulla falso, non ci pare del tutto vero e spieghiamo brevemente perché.  Secondo il quadro cosmologico da noi faticosamente ricostruito attraverso anni di studi al riguardo, infatti, crediamo che Camiti, Semiti e Jafeti essendo di derivazione noaica non abbiano non potuto mantenere molte affinità culturali tra di loro, lingue comprese.  D’altronde, è la parabola stessa di Nimrod e della Torre di Babele ad insegnarcelo.  Essendo questi un allotipo orionico, bisogna ritenere necessariamente che questo sviluppo differenziato sia avvenuto a partire da quando l’asterismo di Orione trovavasi al Punto Vernale.  In termini paletnologici, dal Neolitico in poi.  Prima, come si sa, si sono sviluppate le civiltà camitiche dedite ai commerci fluviali presso i grandi fiumi (Nilo,Tigri, Eufrate, Indo, Sarasvatí, Yamunà, Gange); indi quelle semitiche, dedite ai commerci per vie carovaniere, ed alfine le civiltà jafetiche dedite all’agricoltura e basate sull’uso del carro a 4 ruote col cavallo da tiro.  Quindi è logico pensare che si sia passati linguisticamente dal camitico al semitico ed infine al jafetico, che ha dunque serbato traccia dei due stadi precedenti; ma, nel contempo, essendo la cultura noaica di provenienza sethita (ovvero nordico-atlantica, come abbiamo tentato di dimostrare in un nostro lungo articolo pubblicato su ‘Simmetria’, L’Isola Bianca e l’isola Verde), è chiaro che pur essa ha conservato termini addirittura piú arcaici delle altre accanto agli altri suddetti.     
(2)          A.Vaccari, Jahve e i nomi divini nelle religioni semitiche- Biblica, 1936, pp. 1-10.    
(3)          H.A. Oberman, The Divine Name, JHWH- Jour.Bibl.LIt., 1949, pp. 301-23; W.F. Albright, De l’ âge etc., p.191.  Testi citati dal Semerano.
(4)          Erudito ebraico marcionita del I o del II sec. d.C., traduttore in greco della Bibbia.
(5)          I Samaritani sono i ‘Custodi della Legge’ (ebr. Šamerīm), provenienti dalla Samaria, che ha probabilmente preso il nome da loro e non viceversa.  Essi affermano di essere i veri depositari della religione ebraica quale era prima dell’esilio babilonese, mentre tutti gli altri (evidentemente Farisei e Saddociti) avrebbero adottato la loro dopo l’esilio.

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